In questa notte buia e tempestosa…

Dopo 50 anni di carriera e a 71 anni suonati, il vecchio Bob Dylan ha mantenuto la scorbuticheria degli esordi, ma anche la stessa energia creativa.
Bob Dylan

Sinceramente non so come faccia. Dopo cinquant’anni di carriera e a 71 anni suonati, il vecchio Bob Dylan ha mantenuto la scorbuticheria degli esordi, ma anche la stessa energia creativa, lo stesso talento visionario, la stessa capacità inventiva e d’invettiva.

È un disco scarno, scuro e fuori dal tempo questo Tempest (il titolo si riferisce alla tragedia del Titanic), ma dove la Storia e le storie si fanno metafore del presente. Lo stagionato vate del Minnesota canta di antichi romani e dell’assassinio di John Lennon, di sangue e di passione, di notti brave e criminali, semina inquietudine, disperazione, speranza.

È il suo album numero 35, ma a giudicare da come suona potrebbe tranquillamente esser stato inciso trenta o quarant’anni fa: coi suoi aromi folk e country, i suoi bluesaccioni malati di rock, e quella voce più intensa e sgraziata che mai. Ma è anche vero che è dalla metà dei Novanta che il nostro continua nel recupero delle sonorità più autentiche di quell’America marginale nella quale è cresciuto e che poi ha lasciato, per vestire i panni del mito più solido e glorioso del cantautorato universale.

Oggi, in odor di Nobel e comunque stracarico d’onorificenze d’ogni tipo (l’ultima è la Medaglia per la Libertà, la più prestigiosa onorificenza civile statunitense), il signor Zimmerman si svela ancora una volta per quel che è: un grande artista ancora più propenso a guardare avanti e dentro sé stesso, piuttosto che crogiolarsi nel proprio status di miliardario o rintanarsi nel ripetitivo riciclarsi di certi capiscuola creativamente alla frutta.

Così eccoci a questo suo ennesimo contro-capolavoro; autarchico nella produzione, attento a curare le rifiniture senza levargli il mordente, anche grazie al supporto di un’ottima band guidata da David Hidalgo. Un esercizio di stile e d’anima insieme, certamente degno di venir ricordato tra le sue cose migliori di questi ultimi anni. Dentro troverete molte delle oscurità di questo presente («È un paese nel quale è difficile restare vivi», canta in un brano), ma in qualche modo mitigate o permeate dai bagliori di valori incorruttibili come l’amore, la fede, il senso dell’amicizia.
Signori, chapeau!

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